mercoledì, marzo 22, 2006

dopo i discorsi di ieri, ecco il saluto doveroso agli amici

In questo momento mi ricordo di molte cose, di quando ti ho conosciuto in casa di Maria Antonia, di quando mi hai proposto di venire, di tutta la tensione dei preparativi. Un giorno vennero a chiederci chi bisognava avvertire in caso di morte, e il pensiero che questo potesse capitare davvero ci sconvolse. In seguito comprendemmo che era vero, che in una rivoluzione (quando è vera) o si trionfa o si muore. Molti compagni sono rimasti lungo la strada verso la vittoria.
Oggi ogni cosa presenta un tono meno drammatico perché siamo più maturi, ma la situazione si ripete. Sento di aver compiuto la parte di dovere che mi legava alla rivoluzione cubana in territorio insulare, e saluto te, i compagni e il tuo popolo che ormai è mio.
Rinuncio formalmente ai miei incarichi nella Direzione del Partito, al mio posto di ministro, al mio grado di Comandante, alla mia condizione di cubano. Non ci sono più vincoli legali, ma ciò che mi lega a Cuba non può essere rotto da una dichiarazione. Ripensando alla mia vita passata, credo di aver lavorato con sufficiente dignità e dedizione al consolidamento del trionfo della rivoluzione. L'unica colpa di una certa gravità è stata di non aver riposto la massima fiducia in te fin dai primi momenti sulla Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente velocità le tue qualità di dirigente e rivoluzionario. Ho vissuto giorni magnifici e stando al tuo fianco mi sono sentito orgoglioso di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della Crisi dei Caraibi. In quei giorni hai mostrato una brillantezza da statista difficilmente eguagliabile, e sono orgoglioso di averti seguito senza tentennamenti, identificandomi nel tuo modo di pensare e di vedere, di concepire i pericoli e i principi.
Altre terre del mondo reclamano i miei modesti sforzi. Io posso fare quello che la tua responsabilità nei confronti di Cuba ti vieta di fare, ed è arrivata l'ora di separarci.
Sappi che lo faccio con un misto di allegria e dolore; a Cuba lascio la mia più pura speranza di costruttore e la più amata tra le persone amate... e lascio un popolo che mi ha accettato come un figlio; ciò lacera una parte del mio spirito. Porterò sui nuovi campi di battaglia la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l'imperialismo in qualunque parte del mondo; questo riconforta e cura abbondantemente qualsiasi ferita.
Ripeto, ancora una volta, che libero Cuba da qualsiasi responsabilità, che non sia quella derivante dal suo esempio. Se la mia ora arriverà sotto altri cieli, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e specialmente per te. Ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e il tuo esempio, a cui cercherò di rimanere fedele fino alle estreme conseguenze dei miei atti. Ho sempre partecipato alla politica estera della nostra Rivoluzione e continuo a farlo. Ovunque andrò sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano, e come tale agirò. A mia moglie e ai miei figli non lascio nulla di materiale, e questo non mi spiace: mi fa piacere che sia così. Non chiedo niente per loro, perché lo Stato darà loro il sufficiente per vivere e studiare.
Dovrei dire molte altre cose a te e al nostro popolo, ma sento che sono inutili, le parole non possono esprimere quello che vorrei, e non vale la pena imbrattare la carta.
Fino alla vittoria sempre. Patria o Morte!
Ti abbraccio con tutto il mio fervore rivoluzionario.