lunedì, novembre 28, 2011
venerdì, novembre 18, 2011
giovedì, novembre 17, 2011
martedì, novembre 15, 2011
venerdì, novembre 11, 2011
The new Colossus
Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste a me, e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.
Not like the brazen giant of Greek fame,
With conquering limbs astride from land to land;
Here at our sea-washed, sunset gates shall stand
A mighty woman with a torch, whose flame
Is the imprisoned lightning, and her name
Mother of Exiles. From her beacon-hand
Glows world-wide welcome; her mild eyes command
The air-bridged harbor that twin cities frame.
"Keep, ancient lands, your storied pomp!" cries she
With silent lips. "Give me your tired, your poor,
Your huddled masses yearning to breathe free,
The wretched refuse of your teeming shore.
Send these, the homeless, tempest-tost to me,
I lift my lamp beside the golden door!"
Emma Lazarus, 1883
venerdì, novembre 04, 2011
La maledizione del Giona
Nel film di Peter Weir, Master and Commander, ad un certo punto, nel mezzo di una bonaccia senza fine, tra i marinai si sparge la voce che tra di loro “vi è un Giona”; un personaggio in grado di attirare la maledizione di Dio sulla barca, del quale occorre sbarazzarsi se, in questo caso, si vuol riprendere a navigare. Nel film, il giovane ufficiale identificato come il Giona decide per il suicidio. Ma da dove nasce questa leggenda? Da un racconto biblico, nel quale però la situazione iniziale è opposta, ma egualmente mortifera. Sul mare si è scatenata una tempesta e tutti sono impauriti, eccetto Giona, unico ebreo a bordo. Interrogato sul perché della sua calma e sulla sua origine, risponde: “Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra”. Un Dio che ha fatto insieme la terra e il mare, quel mare pauroso e infido. E’ noto che i marinai impauriti decidono di disfarsi di lui, su invito dello stesso Giona che si assume la colpa, ròso dal senso di colpa per aver disubbidito al Signore: “Prendetemi e gettatemi in mare e si calmera' il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia. Quindi, quelli presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia”. In acqua, un grande pesce lo mangia, ma lo risputa più oltre, favorendogli la riva. Costretto dai fatti, dunque, a recarsi a Ninive, rimane anche deluso, perché quei pagani si convertono facilmente alla sua predicazione.
Diverse suggestioni simboliche arricchiscono il racconto. Al mare è associata la tempesta. Questa feste Verbindung tiene nei secoli: il mare in tempesta, gli irati flutti, è l’immagine per eccellenza che accompagna la storia marina europea fino all’Ottocento, quando questa correlazione così stretta s’incrina, e oltre che la furia del mare si predica anche la calma e la bellezza. In secondo luogo, Giona ha fede in un dio creatore sì della terra, ma anche del mare: e nella Bibbia, dove la parola mare compare di rado, ciò è notevole. In ebraico, mare è espresso da una sola parola, yam, secondo una radice semitica comune. E’ termine molto generico che indica una qualsiasi distesa d’acqua: sia salata, sia dolce, sia interna, come nel caso del yam ha-nechoset, il bacino nel cortile anteriore del Tempio di Gerusalemme, oppure come nel caso del mare o lago di Tiberiade, nel Nuovo Testamento chiamato con tre nomi diversi: «Lago di Gennesaret», che è una corruzione di Chinnerot; «Mare o Lago di Galilea», dalla provincia in cui è situato; e «Mare di Tiberiade», dalla citta' di quel nome, edificata da Erode, sulla sponda occidentale.
dal sito: http://www.navis.it/
mercoledì, novembre 02, 2011
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