Nel film di Peter Weir, Master and Commander, ad un certo punto, nel mezzo di una bonaccia senza fine, tra i marinai si sparge la voce che tra di loro “vi è un Giona”; un personaggio in grado di attirare la maledizione di Dio sulla barca, del quale occorre sbarazzarsi se, in questo caso, si vuol riprendere a navigare. Nel film, il giovane ufficiale identificato come il Giona decide per il suicidio. Ma da dove nasce questa leggenda? Da un racconto biblico, nel quale però la situazione iniziale è opposta, ma egualmente mortifera. Sul mare si è scatenata una tempesta e tutti sono impauriti, eccetto Giona, unico ebreo a bordo. Interrogato sul perché della sua calma e sulla sua origine, risponde: “Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra”. Un Dio che ha fatto insieme la terra e il mare, quel mare pauroso e infido. E’ noto che i marinai impauriti decidono di disfarsi di lui, su invito dello stesso Giona che si assume la colpa, ròso dal senso di colpa per aver disubbidito al Signore: “Prendetemi e gettatemi in mare e si calmera' il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia. Quindi, quelli presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia”. In acqua, un grande pesce lo mangia, ma lo risputa più oltre, favorendogli la riva. Costretto dai fatti, dunque, a recarsi a Ninive, rimane anche deluso, perché quei pagani si convertono facilmente alla sua predicazione.
Diverse suggestioni simboliche arricchiscono il racconto. Al mare è associata la tempesta. Questa feste Verbindung tiene nei secoli: il mare in tempesta, gli irati flutti, è l’immagine per eccellenza che accompagna la storia marina europea fino all’Ottocento, quando questa correlazione così stretta s’incrina, e oltre che la furia del mare si predica anche la calma e la bellezza. In secondo luogo, Giona ha fede in un dio creatore sì della terra, ma anche del mare: e nella Bibbia, dove la parola mare compare di rado, ciò è notevole. In ebraico, mare è espresso da una sola parola, yam, secondo una radice semitica comune. E’ termine molto generico che indica una qualsiasi distesa d’acqua: sia salata, sia dolce, sia interna, come nel caso del yam ha-nechoset, il bacino nel cortile anteriore del Tempio di Gerusalemme, oppure come nel caso del mare o lago di Tiberiade, nel Nuovo Testamento chiamato con tre nomi diversi: «Lago di Gennesaret», che è una corruzione di Chinnerot; «Mare o Lago di Galilea», dalla provincia in cui è situato; e «Mare di Tiberiade», dalla citta' di quel nome, edificata da Erode, sulla sponda occidentale.
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